Fiori di ghiaccio

di | 12/02/2014

l vincitore dell’Orso d’oro 2014 si era già fatto notare per film come “Night Train” nella sezione Un Certain Regard a Cannes 2007

Liao Fan in "Bai Ri Yan Huo"

Liao Fan in “Bai Ri Yan Huo”

In un festival di livello medio tendente al buono la giuria premia un regista e sceneggiatore non molto prolifico ma che evidentemente riflette molto prima di girare. “Bai Ri Yan Huo” (“Carbone nero, ghiaccio sottile”) di Diao Yinan funziona anche grazie alle chiare allusioni e citazioni al noir statunitense pur mantenendo una sua totale autonomia nelle atmosfere, nei caratteri e nel ritmo. Per esempio èmolto hitchcockiana la sequenza dell’approccio sulla pista di pattinaggio, ma è decisamente orientale la totale mancanza di moderazione riguardo alle scene di violenza esplicita e cruenta.

Come in molti film cinesi contemporanei i riferimenti all’attualità sono ben presenti: il senso di diffusa frustrazione e desolazione (ambientale e umana) suggerita dalle ambientazioni come a dirci che la festa è finita prima di cominciare; e questa strana sensazione di trovarsi dietro le quinte, o sul set un po’ kitsch di un kolossal d’altri tempi. In un film che è tutto meno che kitsch ma anzi essenziale e sintetico, come la recitazione del protagonista Liao Fan, premio come miglior attore, che con i suoi movimenti lenti ed esitanti rende perfettamente il senso di impotenza e frustrazione.

Cupa e suggestiva metafora del disorientamento di una società di fronte al boom economico, la messa in scena fa ampio uso dell’assurdità e dell’apparente inesplicabilità della vicenda come ritratto della società e dei rapporti umani. E poi l’alibi di una società che si illude che l’ingiustizia e la violenza siano altrove, come sembra dirci il personaggio della presunta assassina che lavora in una lavanderia, ironica metafora della funzione sociale del lavoro come strumento di pulizia delle coscienze. Sullo sfondo, o meglio punto di partenza di tutta la storia, corpi smembrati e gettati nell’acciaio, simbolo di un atteggiamento egoista e utilitaristico; ed un diffuso senso di insicurezza, come la scena in cui i due protagonisti sono sospesi nella ruota panoramica, una scena che dovrebbe essere romantica e invece emana una sinistra tensione.

La vicenda raggiunge uno dei suoi culmini emotivi in una sequenza da manuale che spiazza per comicità, brutalità e assurdità. Certo, tutti gli omicidi sono assurdi ma bisogna prendere atto che la normalità è del tutto assente nel mondo circostante. Laddove è ampiamente presente la precarietà nelle relazioni umane e nelle ambientazioni: case popolari povere e in disfacimento o cantieri in perenne allestimento, quasi un altro pianeta, un film di fantascienza.

Il film sorprende in positivo per la profusione di scene estremamente suggestive e ben girate, il tutto sotto un controllo perfetto che rende ancora più esasperante l’insensatezza delle vicende che racconta. Un noir con sequenze al limite del surreale, come le ceneri della vittima sepolte proprio sotto l’albero di fronte alla lavanderia dove lavora la presunta omicida; o la sequenza finale dei fuochi d’artificio, che presa alla lettera non è altro che la rappresentazione dell’esplosione irrefrenabile dell’irrazionale; liberatoria ma soprattutto inquietante per il senso di pericolo insensato che trasmette.

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