Alla Mostra del cinema il sontuoso omaggio a Kubrick del regista greco in una mordace satira dei primi anni del regno di Gran Bretagna e del potere di tutte le epoche

Rachel Weisz in una scena di “The Favourite”.
Immaginate Barry Lyndon filmato con un uso esasperato del grandangolo come in Arancia Meccanica, con i travelling claustrofobici di Shining e i titoli di testa allineati come quelli de Il dottor Stranamore: con The Favourite, Lanthimos ci offre un bellissimo e per niente scontato omaggio al cinema di Kubrick, uno studio divertito e serissimo sull’uso istituzionale della violenza. Restando fedele al suo stile, con un perfezionismo che gli permette di prendere le distanze da personaggi e vicende, magicamente riesce a sorprendere e a meravigliare, grazie ad un ritmo e un senso dei tempi perfetto, anche in questo degno successore del maestro. Perché proprio come in Kubrick, al di là di ogni referenza, questo film è soprattutto una folgorante festa per gli occhi. E per non farsi mancare nulla, per la seconda volta nella sua carriera Lanthimos non scrive il soggetto né la sceneggiatura di un suo film, anche in questo imitando Kubrick che si ispirava sempre a storie scritte da altri.
Lanthimos indulge nelle riprese dal basso, anche qui un omaggio per esempio ai primi piani del generale Ripper ne Il dottor Stranamore, ma soprattutto una scelta necessaria per enfatizzare la posizione aristocratica dei protagonisti, monumenti viventi di un’epoca, quella della nascita della democrazia parlamentare, forse un po’ troppo idealizzata. Esaspera l’uso della luce naturale specialmente nelle scene diurne, con i personaggi in piena luce e gli ambienti circostanti sfarzosi ma in un’ombra desolante, allusione alla caducità di tutti i poteri. E la sequenza del ballo tra il barone Masham e la duchessa di Marlborough davanti alla regina Anne è un bellissimo esempio della verosimiglianza kubrickiana: non sapremo mai se un evento del genere, e con quella musica, sia mai avvenuto alla corte della regina, ma il risultato è di certo non solo verosimile ma anche esteticamente sublime. Molto bello in questa sequenza la netta divisione e il contrasto tra la prima parte, molto dinamica con i passi di danza acrobatici, e la seconda parte, un lungo primo piano di Olivia Colman con una lenta carrellata in avanti, in cui l’espressione del volto della regina muta lentamente e quasi impercettibilmente dalla gioia per il momento di festa alla consapevolezza dell’ineluttabilità dell’infermità e della vicina fine. Forse più che in altri momenti, in questa sequenza il grandangolo, soprattutto nei movimenti panoramici, accentua la sensazione di vertigine e disorientamento, del malessere fisico che affligge la regina nel corpo e nella mente. L’elemento erotico è pure ampiamente presente con le ridicole avances del barone Masham e gli oscuri incontri segreti tra la regina e Sarah Churchill.
Nella colonna sonora, in cui comunque non poteva mancare Schubert, Lanthimos sembra invece strizzare l’occhio alla Musica Ricercata di Ligeti della seconda parte di Eyes Wide Shut con le note ripetute delle Didascalie di Luc Ferrari, soprattutto nella prima parte del film, dove le due duellanti si studiano e preparano le strategie che metteranno in scena nella seconda parte.
La vicenda stessa è una sintesi dei temi di Barry Lyndon e Arancia meccanica: con la sola differenza dell’epoca e delle intenzioni dichiarate dei protagonisti, racconta dei tentativi di ascesa sociale di personaggi privi di scrupoli ma dall’apparenza angelica o capaci di fingere e dissimulare la loro familiarità con la violenza. In una massima attribuita forse erroneamente a Otto von Bismarck1 si dice che meno le persone sanno di come vengono fatte le salsicce e le leggi e meglio dormono la notte. Ci possiamo cullare nell’illusione che certi metodi siano roba di un tempo passato e ormai sepolto mentre oggi rispettabilissimi capi di consigli di amministrazione di imprese transnazionali dai fatturati pari a quelli di interi paesi e eleganti leaders politici si limitano a sfidarsi con frasi pungenti e attacchi puramente verbali. Per questo il greco Lanthimos, come e forse in maniera ancora più efficace che in Kubrick, deve girare un film in costume utilizzando le tecniche di un film contemporaneo per riportarci alla realtà e farci riflettere sui meccanismi perversi, quelli sì senza tempo, dell’economia e della politica.