Il vulcano sotto la pelle

di | 07/02/2015

Il film d’esordio del regista guatemalteco Jayro Bustamante tra paesaggi estremi e conflitti irrisolti

Una scena di "Ixcanul"

Una scena di “Ixcanul”

In una edizione della Berlinale che guarda molto al cinema sudamericano, un altro film che si svolge attorno al rapporto tra uomo e natura. La storia di per sé è semplice: una donna maya (ebbene sì, i maya esistono ancora) cerca di emanciparsi e di fuggire dal suo destino di donna sottomessa e schiava in una piantagione di caffè per una vita più dignitosa negli Stati Uniti. Ma quello che all’inizio sembra un film incentrato sulla riscossa personale e sociale si rivela presto un viaggio nella (in)capacità di gestire e manifestare i propri sentimenti.

Granitiche tradizioni prendono la forma delle rocce vulcaniche, l’inesorabilità del destino nella violenza dei fenomeni naturali, le leggende e miti ancestrali nei colori e nelle luci delle eruzioni e dei paesaggi, con i quali comunque i protagonisti di questa storia in qualche modo riescono a convivere. Questo scenario estremo inquadra perfettamente la cruda realtà dei rapporti di forza e riti magici, mentre i fenomeni naturali estremi sottolineano l’universalità delle sensibilità. Il regista fa largo uso della lingua maya come simbolo di identità di un popolo ma anche sintomo di diversità, inferiorità e quindi motivo di esclusione e discriminazione, perfino nella sua stessa terra. L’approccio visuale è minimalista e introspettivo, che esalta la maestosità della natura non nascondendo ma sottolineando la “sporcizia”: fumo, ceneri sospese, forti contrasti. E grande spazio assumono anche i rituali religiosi che però non solo non risolvono problemi ma spesso li aggravano. Tutto sembra guidato e governato dai tempi della natura, mentre nel finale il caos urbano estremizza il senso di estraneità.

Il rapporto tra ambiente esterno ed emozioni interiori trova il suo parallelo nel conflitto tra Maria e la madre tradizionalista Juana. Ma le emozioni rimangono inespresse, manifestate solo dagli sguardi, in particolare quelli così intensi di Maria, vulcani che brontolano e fumano ma non esplodono mai in una vera eruzione. Bustamante si è avvalso per la maggior parte di attori non professionisti come Maria Mercedes Coroy, studentessa, mentre Maria Telón, che interpreta la madre, è attrice di un teatro di strada che lotta per i diritti degli indigeni e delle donne.

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