Lav Diaz alla ricerca del tempo perduto

di | 08/09/2016

Terzo film in un anno per il profilico regista filippino

The Woman Who Left

The Woman Who Left

Nonostante il Leone d’oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, non sarà facile trovare un distributore abbastanza coraggioso da accettare la sfida: Diaz questa volta si limita a quasi quattro ore (“A Lullaby to the Sorrowful Mystery” con cui ha vinto all’ultimo festival di Berlino il premio Alfred Bauer dura otto ore) ma continua nel suo lavoro sul tempo, il suo valore nell’arte, nella vita e nella storia. La vicenda, ispirata al racconto “Dio vede la verità ma non la rivela subito” di Tolstoj, che racconta di una donna imprigionata ingiustamente per trenta anni, si presta particolarmente alla ricerca di Diaz sulla dimensione temporale e su come certe azioni, anche estreme, non siano altro che un tentativo di recuperare ingiustizie subite. Ci sono quindi almeno due elementi su cui il film si sviluppa: la valorizzazione del tempo e la liberazione delle forme.

Girato in un bianco e nero fastoso ma che evita la retorica, con una predilezione per i piani medi e le inquadrature fisse, che permettono di concentrare l’attenzione sull’interpretazione degli attori e l’indagine psicologica dei personaggi, in questo film Diaz è anche operatore e montatore.

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