In attesa del séguito di Dune, la farsa cosmica di Dumont tra extraterrestri fin troppo umani e terrestri fin troppo alieni

Fabrice Luchini in una scena di L’Empire di Bruno Dumont.
Con Bruno Dumont si va tranquilli: non si sa che cosa succederà, ma di certo non ci si annoierà. Il che non significa che piaccia a tutti, al contrario: durante la proiezione per la stampa di L’Empire qualcuno è anche uscito, ed alla fine della proiezione c’è stato anche qualche fischio. Dopo gli sciamani di Hors Satan e la giornalista di successo di France, stavolta è nientemeno che la lotta cosmica tra il bene e il male con astronavi dalla forma di cattedrali gotiche e palazzi reali che approdano sulle spiagge di un villaggio di pescatori, con tocchi di fantasy medievale per non farsi mancare nulla, e soprattutto per prendere atto che se fino a qualche decennio fa la fantascienza era soprattutto una metafora del futuro, oggi ci mostra soprattutto quanto stiamo tornando indietro in termini di libertà civili ed espressione della democrazia. Un Fabrice Luchini perfettamente a suo agio nel cattivissimo di turno e le abituali macchiette della provincia francese (stavolta siamo in Bretagna) tra effetti speciali all’ultimo grido e l’abituale perfetta direzione degli attori: in quest’epoca di lotta tra civilità e religioni Dumont aggiorna Il dottor Stranamore e prende talmente sul serio l’estetica della fantascienza e l’iconografia delle istituzioni civili e religiose che l’umorismo involontario non può che erompere fragorosamente.
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