Drammi personali, ideologie e religine si intrecciano in una vicenda emblematica di un paese e di un’epoca

Maya Sansa in “Bella Addormentata”
Bellocchio ha atteso due anni prima di dedicarsi alla realizzazione di questo film: ha voluto attendere che lo sdegno e l’emozione suscitati in lui dalla vicenda di cronaca, dagli importanti risvolti politici e filosofici, che fa da spunto a questo film decantassero e maturassero in un’opera più meditata. Curiosamente, e per certi aspetti inevitabilmente, il film è stato accolto alla Mostra del Cinema da manifestazioni di protesta dei movimenti pro-life, che evidentemente davano per scontato una posizione pro-eutanasia nel film che invece ha ben altri orizzonti.
Limitato temporalmente agli ultimi sei giorni della vita di Eluana Englaro, e con una ambientazione che spazia da Roma a Udine, il film si articola in due movimenti contrapposti: mentre Eluana muore, altri si risvegliano, perché a quanto pare è necessario un evento drammatico ed epocale per scuotere gli animi; e, pur trattandosi di un film corale, le diverse storie non si incontrano mai, nonostante siano spinte dal medesimo impulso: un paese, una comunità divisi, separati da incomunicabilità e i cui componenti in realtà non riescono a scuotersi dal torpore in cui sono caduti. A cominciare dal protagonista, un senatore della destra “ultracattolica” ma che nell’aspetto e nei modi di fare fa piuttosto venire in mente un filosofo dell’antica Grecia, tutti i personaggi sembrano incapaci di portare a termine i propri propositi, invocando quasi sempre una ragione esterna. La narrazione è ovunque disseminata di questo senso di frustrazione, perenne esitazione, incompletezza: dialoghi o monologhi interrotti, eventi imprevisti che intervengono a bloccare un atto, troppi “non detti” a persone che non sembrano molto motivate a voler davvero sapere come sono andate le cose. Ogni personaggio, forse suo malgrado, è in rottura con il proprio gruppo di appartenenza, in un atto di follia (tema ricorrente nella filmografia di Bellocchio), di cui l’aspirante suicida Rossa è solo l’esempio più esplicito, che sembra l’unico modo di trascendere una realtà che non porta da nessuna parte. Il regista molto abilmente rappresenta tutti i punti di vista con partecipazione ma senza prendere platealmente parte, senza alcun senso di superiorità e quasi sempre dimostrando grande rispetto e affetto nei confronti di tutti i personaggi.
“Bella addormentata” è esteticamente un bellissimo film dark in cui predominano tonalità oscure, suoni ovattati: sembrano tutti già nella tomba, in un aldilà dove la televisione, con le sue cronache frenetiche e un po’ grossolane, sembra un ricordo di una vita passata, comunque un altro mondo. Ma è un aldilà molto diverso da quello comunitario della teologia cristiana: qui tutti sembrano molto soli, ognuno non pensa che a se stesso.
Simbolo di purificazione, consacrazione, scorrere degli eventi, l’acqua è un elemento ricorrente nel film: Pipino reagisce gettando un bicchiere d’acqua in faccia alla “fanatica cristiana” Maria, in un furioso sbattezzo laico; ad Udine, di fronte alla clinica dove è ricoverata Eluana, i (pochi) manifestanti sfidano pioggia e freddo a dimostrare la forza e la giustezza della propria protesta; in un ambiente molto più confortevole, i decrepiti senatori che frequentano le terme del Senato sembrano anime in pena che vagano in una catacomba. Tra essi, un Herlizka perfetto psichiatra che a prima vista ha il fascino di un ascetico eremita ma che sa solo proferire parole di disarmante buonsenso: ironico richiamo a diffidare dei cosiddetti saggi.