Padre e figlio on the road (tra Trieste e la Dalmazia)

di | 06/09/2019

Tre bei film italiani nella selezione ufficiale, tra mafia, ansie geopolitiche e un padre e un figlio che si ritrovano

TuttoIlMioFolleAmore

Giulio Pranno e Claudio Santamaria in Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores

Primo film in concorso della giornata La mafia non è più quella di una volta: venticinque anni dopo le stragi di Capaci e di via d’Amelio, nel suo stile irriverente e apparentemente caotico Franco Maresco, assieme alla fotografa Letizia Battaglia, si e ci interroga sui nuovi meccanismi della mafia, provocando spesso risate ma risate molto amare, di cui ci si sente in colpa. Rimane il dubbio che in realtà i veri casi umani non siano tanto Cristian Miscel o Ciccio Mira ma proprio noi che nella nostra presunzione di superiorità non solo non abbiamo ancora capito nulla della mafia ma tendiamo a rimuoverla. In Waiting for the Barbarians Ciro Guerra i tartari, o barbari, non sono più una oscura minaccia ma una tremenda realtà, e l’ambientazione esotica e in costume non diminuisce la sensazione che molte delle situazioni ritratte siano terribilmente attuali. Mark Rylance e Johnny Depp si rubano la scena a vicenda. Fuori concorso Tutto il mio folle amore, ispirato al romanzo Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas, in cui Gabriele Salvatores non rinuncia ai suoi personaggi preferiti, ousiders ed emarginati, ma toglie finalmente tutti gli elementi caricaturali e si concentra sull’essenziale: l’indicibile, nel senso che non ci sono parole per descriverlo, amore tra un padre a dir poco anomalo e un figlio autistico, entrambi inadatti a vivere in una società di cosiddetti “normali”. Tutti gli interpreti uno più bravo dell’altro, a cominciare da Giulio Pranno.

Nella sezione Orizzonti il ritorno ai luoghi e alle atmosfere dell’infanzia in Zumiriki in cui Oskar Alegria si costruisce una baracca sulla riva di un fiume e prova a ridiventare bambino e a riviverne il senso di scoperta e di meraviglia di chi vede tutto per la prima volta (come diceva Truffaut).

Nella Settimana della critica le tante vite di un uomo in Partenonas (Parthenon) di Mantas Kvedaravičius, un caleidoscopio di voci, lingue, volti, ricordi che non sarebbe dispiaciuto a Raúl Ruiz. Kvedaravičius riesce a dare a tutti i protagonisti, non importa quale sia la loro storia, i loro meriti e le loro colpe, spessore e umanità.

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