Il cuoco, il cinese e il cattivo

di | 22/02/2020

Kelly Reichardt prova ad ambientare una storia di amicizia, di rispetto e di solidarietà nel selvaggio West

John Magaro in FirstCowÈ già da qualche anno che il cinema statunitense propone regolarmente western crepuscolari, dove però a differenza degli ultimi western classici in cui si celebrava l’elegia dell’eroe solitario, si fa una critica sistematica, spesso spietata, dell’ideologia che ha fondato il nuovo mondo. First Cow di Kelly Reichardt ancora una volta unisce la violenza a volte estrema della conquista degli spazi e delle ricchezze naturali dei territori del nord America alla spietatezza del capitalismo. Ma più che in altri film, in cui la critica coinvolge tutti i protagonisti, questa è la storia di due persone decisamente outsider, che non solo non riescono a integrarsi ma che cercano di impostare la loro vita nel rispetto e la solidarietà, con qualche sotterfugio; due persone talmente fuori dagli schemi che pagheranno con la vita, come si sa sin dall’inizio, il loro anticonformismo.

Visivamente il film gioca sui contrasti: dopo un inizio soft, ci troviamo immersi nella rudezza di una banda di cacciatori di volpi senza legge né regole; il contrasto tra il fango, la miseria della baracca cadente e i raffinati ingredienti di biscotti mai visti prima; la spietatezza dell’uomo d’affari senza scrupoli e la tenera e discreta amicizia e solidarietà tra l’immigrato e il cuoco fuori luogo.

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