Gli angeli senza ali di Algeri

di | 06/09/2017

Giovani donne coraggiose per scelta e per necessità in questa giornata della Mostra del cinema di Venezia

Sami Bouajila in "Les bienheureux" di Sofia Djama

Sami Bouajila in “Les bienheureux” di Sofia Djama

Dopo il cinema di serie Z, il trash e i polpettoni orientali che celebrano le arti marziali, arriva il momento di sdoganare anche la sceneggiata napoletana. Ci pensano i Manetti Bros. con “Ammore e malavita”: brutte canzoni e una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti. In “Sweet Country” Warwick Thornton con un film asciutto e rigoroso lancia un ennesimo impietoso atto d’accusa sul genocidio fisico e culturale dei nativi australiani. Tra i pochi film orientali nella selezione ufficiale “Jia Nian Hua” (“Angels wear White”) di Vivian Qu, uno sguardo implacabile e allo stesso tempo tenero sulla violenza fisica e psicologica di una società egoista e individualista, e sul paradosso di un paese come la Cina in cui il boom economico opprime invece di liberare.

Jon Alpert, noto soprattutto per i suoi scoop censurati come il documentario sulla prima guerra del golfo, si interroga sul mito e la realtà quotidiana di un luogo emblematico alla vigilia di grandi cambiamenti: in “Cuba and the Cameraman”, fuori concorso, c’è anche una citazione da “L’uomo con la macchina da presa”, il classico di Dziga Vertov.

Nella sezione Orizzonti un film che avrebbe meritato di concorrere nella selezione ufficiale: in “Les bienheureux” Sofia Djama con una regia fluida, empatica e al tempo stesso rigorosa riesce a coinvolgere il pubblico nell’estrema complessità della situazione politica e sociale dell’Algeria post-guerra civile e delle conseguenze nelle relazioni interpersonali. Un episodio oscuro di segregazione razziale nell’Alabama degli anni ’40 in “The Rape of Recy Taylor” di Nancy Buirski, dove l’approccio oggettivo e ostinato rende ancora più forte lo sdegno e il disagio di fronte a tanta violenza.

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