La materia oscura nell’anima dell’uomo

di | 11/03/2024

Dire l’indicibile è da sempre una delle sfide più grandi, se non la più grande, anche nel cinema

Una scena di The ZOne of Interest di Jonathan Glazer.

Una scena di The Zone of Interest di Jonathan Glazer.

Il film di Glazer comincia con il vuoto: schermo nero ed una musica dissonante e minimalista che, meglio del silenzio, rafforza il senso di assenza. Perché è l’assenza il vero protagonista di questa opera: oltre alla ovvia assenza di umanità, assenti sono le vittime dell’olocausto, di cui si ascoltano i gemiti al di là del muro che si possono ignorare, purché si abbia la fortuna di vivere dalla parte giusta di quel muro. E, nonostante gli sforzi di rendere il più possibile efficiente la soluzione finale, i tentativi maldestri di liberarsi dei resti delle vittime del campo di sterminio mostrano quanto sia alla fine impossibile negare l’esistenza di qualunque essere umano. Glazer ha avuto coraggio, in occasione della premiazione agli Academy Awards, a ricordarci quanto quei muri siano ancora presenti. Il libro da cui è tratto, La zona d’interesse1 di Martin Amis è l’ennesimo, decisamente non superfluo, racconto della mediocrità del male. Nel dipingere la normalità di una famiglia che svolge la sua vita accanto ad uno dei campi di sterminio più famigerati della storia separati solo da un muro, è anche una descrizione spietata della schizofrenia che caratterizza la nostra condizione di esseri umani in un mondo in cui apparentemente non c’è spazio per tutti.

Glazer fa una serie di scelte ben precise: il suo maggior timore era di edulcorare una storia che invece va mostrata nella sua più cruda durezza. Quindi nessun utilizzo della musica se non all’inizio, su uno schermo nero, e nei titoli di coda. L’unica colonna sonora sono quindi i suoni che filtrano dal muro che separa la famiglia dal campo di sterminio, ed i suoni abituali della vita quotidiana di una famiglia. E come sempre accade in questi casi, atti banali come l’occuparsi di un giardino o preparare una festa diventano l’emblema dell’assurdità dei comportamenti umani, della natura inspiegabile del succedersi degli eventi e della disarmante ingiustizia che sembra sottenderne l’essenza.

L’uso dell’illuminazione artificiale è anche escluso: nelle sequenze notturne si ricorre a visori a infrarossi dove il contorno della ragazzina viene rivelato dal calore, che dialoga con il calore del fumo che fuoriesce dai forni crematori.

  1. La zona d’interesse, Martin Amis, Einaudi, Torino 2015