Il commovente omaggio al maestro giapponese in un film asciutto e penetrante, come la sua musica
Sfiancato nella sua lotta contro il cancro e forse consapevole della precarietà della sua condizione, Ryuichi Sakamoto si esibisce per l’ultima volta in un concerto senza pubblico in uno studio televisivo sotto la direzione di suo figlio Neo Sora. Opus 1 è diventato l’ultima esibizione del maestro giapponese, un sublime e commovente omaggio ad un grande compositore e all’incontro di due culture, quella giapponese e quella occidentale, che tanto ha forgiato il suo stile e quello di molti musicisti e compositori occidentali. Sora sembra preoccupato soprattutto dal bisogno di ottenere nelle immagini la stessa perferzione della musica eseguita dal padre, probabilmente e inaspettatamente tralasciando l’aspetto emotivo che altrimenti sembra inevitabile in questa circostanza.
Noto soprattutto per le musiche di Furyo2 e de L’ultimo imperatore3, per cui è stato premiato con l’Oscar insieme a David Byrne e Cong Su, Sakamoto esegue molti brani tratti dalle colonne sonore di film: circostanza che, più o meno consapevolmente, si riflette nel modo in cui Sora imposta e gira le sequenze relative.
Opus è anche il titolo dell’ultimo brano eseguito. E proprio a proposito di finali, una attenzione quasi maniacale è stata profusa dal tecnico del suono per cogliere gli ultimi attimi prima del silenzio al termine di ogni brano: lo stesso Sakamoto negli ultimi anni della sua carriera aveva sviluppato molto interesse nel fenomeno del decadimento del suono, in particolare nell’attimo in cui l’ultima vibrazione cede il posto al silenzio. Quale migliore metafora dell’ultimo concerto, della summa dell’opera di un musicista e compositore che lascia un grande vuoto dietro di sé.