Un affettuoso omaggio al cinema, al teatro e, sì, anche alla televisione d’altri tempi con uno sguardo alle inquietudini attuali
Jason Schwartzman e Jake Ryan in una scena di Asteroid City di Wes Anderson.
Per chi aveva il sospetto che il cinema di Wes Anderson fosse troppo teatrale, con la sua sistematica organizzazione degli spazi e il suo compiacimento a mostrare il dietro le quinte, con Asteroid City1 avrà la dimostrazione che la questione è un po’ più complessa. È vero che in molti film di Anderson si respira un’aria alla Meliès, ma giustamente proprio per il suo gusto per la meraviglia e l’inaspettato. La messa in scena nella messa in scena di questo film è autentica nel senso che stavolta è il lavoro della messa in scena ad resserre al centro della vicenda. Con, in più, ulteriori piani di lettura: la trasmissione televisiva, i salti nel tempo in avanti e indietro e la magnifica ambientazione nel deserto con annesso cratere meteorico, luogo accogliente con il suo aspetto di tenera scenografia che più fontaine non si può ma anche inquietante.
Lo storico direttore della fotografia di Anderson, Robert Yeoman, stavolta supera se stesso: ottiene delle immagini che si direbbe uscite da una rivista degli anni ’50 o da un fumetto pure di quegli anni, conservando un grande realismo al punto che sembra di percepire il calore soffocante del deserto. Questi colori e queste luci potrebbe però anche far pensare a un vecchio libro di divulgazione scientifica, il che trattandosi di Anderson ovviamente non guasta e anzi è quasi certamente voluto: ferma restando la sua passione per le classificazioni, gli elenchi e la categorizzazione di personaggi, oggetti ed eventi, la novità rispetto ai film più recenti è che stavolta sono i protagonisti a farsi carico delle enumerazioni.
E a proposito di elenchi, il cinefilo si divertirà a decifrare le tante citazioni, la più ovvia delle quali è Incontri ravvicinati del terzo tipo ma anche Mars Attacks, E.T.…